«Siamo oggi chiamati a dare attuazione al principio di insularità senza cadere nel piagnisteo, bensì partendo dalla realtà dei dati: ogni siciliano spende circa 1300 euro l’anno in più in maggiori costi dovuti al solo fatto di vivere in Sicilia. In totale siamo a circa sette miliardi l’anno di costi per la nostra economia, come ricostruito nelle nostre analisi.
Rimuovere gli svantaggi dovuti all’insularità significa garantire la coesione e l’integrità territoriale dell’Italia, della Sicilia e della Sardegna». Così l’assessore all’Economia della Regione Siciliana Marco Falcone, nel corso dell’audizione svoltasi alla Commissione parlamentare per il contrasto agli svantaggi derivanti dall’insularità, presieduta dall’on. Tommaso Calderone.
Alzare soglia aiuti di Stato “de minimis” per le Isole. «Sono quattro le nostre proposte su cui, a Roma come a Bruxelles, si può lavorare da subito – ha spiegato Falcone – a partire dagli aiuti alle imprese. Gli imprenditori di Sicilia e Sardegna patiscono maggiori difficoltà su logistica e trasporti, quindi occorre innalzare la soglia degli aiuti “de minimis” (ad oggi ferma a 300mila euro annui, ndr) e poter così compensare meglio gli svantaggi. Per le nostre Isole d’Italia – è l’idea dell’assessore all’Economia – serve un “de minimis differenziato”, attingendo a maggiori aiuti pubblici. La nostra condizione di partenza è diversa e deficitaria rispetto ad altre aree geografiche».
Fondi per insularità, riforma fiscale e spesa sanitaria. L’assessore Marco Falcone ha evidenziato altre tre proposte che potrebbero riequilibrare il rapporto finanziario Stato-Regione: «Occorre rendere strutturale, almeno fino al 2030 – ha detto l’assessore – lo stanziamento da 100 milioni annui, stabilito dal Governo nazionale, per l’attuazione della legge sull’insularità. In tema di riforma fiscale, poi, occorre recuperare gli esborsi aggiuntivi, evitando potenziali scostamenti al ribasso nelle entrate delle Regioni a statuto speciale. Ultimo punto, sempre sul piano finanziario: chiediamo di fissare la compartecipazione della Sicilia alla spesa sanitaria al 42,5 per cento, tornando in sostanza al vecchio limite», ha concluso Falcone.