Assessore Falcone, ha ripetuto più volte che se fosse eletto lei andrebbe al Parlamento Ue. Il che è una cosa scontata. A meno che si sa già che qualcuno non lo farà: ne è a conoscenza?
Mi candido perché voglio andare al Parlamento europeo e svolgere appieno il ruolo. Quale sia l’idea degli altri candidati non saprei, chiedete a loro. Le Europee non rappresentano un’esercitazione elettorale, né una prova muscolare. Per quanto mi riguarda, rappresentano l’evoluzione di un progetto politico che, oggi, vuole collegare Sicilia e Sardegna all’Europa.
Ma chi glielo fa fare? Lei ammanterà la risposta di nobili ragioni siculo-europee, ma lasciare uno dei posti più influenti del governo regionale, per diventare uno dei 705 eurodeputati chiamati talvolta anche a votare la mozione sul peperone lituano, non è una scelta di cui magari si pentirà?
Ogni istituzione ha un suo prestigio e un suo fascino. Il Parlamento europeo sembra così distante, la sfida è proprio di avvicinarlo alle esigenze delle Isole d’Italia. In sette anni di governo al servizio della Sicilia, all’Economia e alle Infrastrutture, abbiamo maturato esperienza, relazioni e conoscenza, chilometro per chilometro, della nostra realtà territoriale. Sappiamo cosa serve alla nostra Regione, ai Comuni. Ecco perché lavoreremo per rendere più proficuo il rapporto con l’Europa. Tutto ciò lo dobbiamo rappresentare appieno a Bruxelles, per incidere in meglio nella vita di cittadini, imprese, famiglie di Sicilia e Sardegna.
Lei è al governo della Regione dal 2017. Quali sono le criticità del rapporto fra Palermo e Bruxelles?
Le opportunità che offre l’Unione Europea sono avvincenti e strategiche. Le risorse sono significative, e comunque vi è anche un imponente parco progetti. Purtroppo regolamenti e direttive portano con sé difficoltà applicative, creando spesso lungaggini a discapito dello snellimento delle procedure. Ecco perché uno dei nostri impegni sarà teso alla semplificazione burocratica lungo l’asse territorio-Bruxelles.
In Forza Italia c’è il “derby degli assessori” fra lei e Tamajo, che gode della simpatia del presidente Schifani. Ritiene che il risultato delle urne potrà avere delle ricadute sul futuro assetto del partito in Sicilia?
Parlare di derby mi sembra riduttivo. La nostra lista è formata da otto candidati tutti di alto profilo, tutti capaci di coniugare rappresentatività, radicamento, idee. Che poi il presidente esprima simpatie nei confronti di qualche candidato, mi sembra nel suo diritto e quindi è legittimo. Il risultato di Forza Italia sarà certamente molto lusinghiero. Questo grazie all’azione politica coraggiosa, attrattiva e lungimirante che il nostro segretario nazionale Antonio Tajani da ormai un anno porta avanti, con sobrietà e assoluta autorevolezza. Sono convinto che per Forza Italia ci sarà una bella affermazione. Saremo così più forti anche in futuro
Miccichè, invece, sostiene lei. Una svolta clamorosa dopo che ve ne siete detti di tutti i colori..
Non parlerei di svolta, ma solo dell’affermazione dei principi liberali di Forza Italia. Con Gianfranco ci siamo trovati spesso su posizioni differenti, e ciascuno di noi le ha portate avanti senza mai nascondersi. In passato eravamo fra i pochi, forse gli unici, a manifestare posizioni differenti, mentre altri lo ossequiavano. D’altronde, non si può dimenticare che Micciché sia un pezzo importante della storia di Forza Italia. Come dice Tajani e come voleva il presidente Berlusconi, Forza Italia vuole essere il luogo dove chiunque si riconosca in una visione popolare e liberale della politica, debba poter dare un contributo. Il partito deve essere animato da una logica di inclusione perché quello che conta è la missione di FI. Tutti noi dobbiamo essere funzionali a quella, nessuno escluso.
In lista c’è anche Chinnici, eletta per due volte nel Pd e avversaria di Schifani nel 2022. La appoggerà Lombardo, ma la voterà anche la base di Forza Italia?
L’esperienza dell’on. Chinnici penso possa parlare al nostro mondo, siamo stati felici di accoglierla. Ci accomunano le basi valoriali cattoliche e popolari, l’impegno nel rafforzamento della cultura della legalità, l’europeismo, la voglia di spendersi per la nostra terra.
Lei era fra quelli che non voleva l’alleanza con la Dc. Ma Cuffaro, messo alla porta da Tajani, è rientrato dalla finestra grazie all’accordo con Lupi. È comunque il benvenuto?
La mia posizione l’ho chiarita da ultimo anche al Congresso nazionale di Roma. Sono per un partito aperto, inclusivo, in cui chi si riconosce nei valori del Partito popolare europeo possano trovare una casa, nel rispetto e nella lealtà reciproca. Guardo alla convergenza con Noi Moderati, con l’Mpa e i Riformatori sardi, ma anche al contributo della Dc, non come a un’alleanza elettorale, ma come un progetto politico che faccia diventare Forza Italia il punto di riferimento di un importante blocco sociale italiano, alternativo alla sinistra, con una comune prospettiva.
C’è qualcosa che vorrebbe sbrigarsi a finire, nei suoi dossier da assessore all’Economia, prima di fare eventualmente le valigie per Bruxelles?
Ho promesso che prima di lasciare l’Assessorato manterremo quattro impegni: il via libera al rendiconto 2023 e il Defr 2025/27. Poi il varo di una manovra che possa dare alcune risposte a questioni sorte dopo la Legge di stabilità. Infine, la proposta del Bilancio di previsione 25/27. Chi verrà dopo di me troverà le condizioni ottimali per proseguire nel risanamento e nel rilancio economico-finanziario della Regione che, in questi ultimi mesi, è stato riconosciuto anche dalle più importanti agenzie di rating internazionali. Tutto questo, comunque, entro un mese dalle elezioni.
Mario Barresi