L'assessore azzurro eletto con 100mila voti a Bruxelles: «Ora stop alle decisioni calate dall'alto»

Falcone al “Gds”: «Straordinario consenso dal popolo azzurro. Ora cabina regia per FI in Sicilia»

«Il successo di Forza Italia alle Europee non deve restare solo un bel risultato elettorale. Dobbiamo irrobustire l’organizzazione del partito e lavorare sulla classe dirigente, sulla scia di quando sta avvenendo a Roma. Penso a una cabina di regia o ufficio politico di 5, massimo 7, membri che discutano le scelte programmatiche. È bene evitare le scelte estemporanee o calate dall’alto»: Marco Falcone ha conquistato 100mila preferenze e conferma che lascerà la Regione, l’assessorato all’Economia, per Bruxelles. Ma non ha intenzione di allontanarsi dalla plancia di comando di Forza Italia, in cui rappresenta l’ala più vicina a Tajani e Gasparri.

Come immagina il futuro di una Forza Italia al 23% in Sicilia?
«Immagino un partito dinamico, che lavori per la Sicilia e comunichi bene quello che fa; che faccia formazione e che si apra al confronto con le forze sociali, gli imprenditori, il nostro popolo. Io, per esempio, sto già organizzando #Etna24, la nuova edizione della kermesse nazionale ormai appuntamento fisso. Quest’anno si svolgerà a Ortigia».

Ha parlato di una cabina di regia per guidare il partito. Qualcuno la interpreterà come una sfiducia al coordinatore unico, Marcello Caruso…
«Non metto sotto accusa nessuno. Il mio punto di vista è un altro. Io dico no a un partito che governa e a un altro che apprende le cose dai giornali. Chi ha i ruoli istituzionali deve confrontarsi nel partito e sul territorio. Per questo serve una cabina di regia».

E come sceglierebbe i componenti?
«Direi che debbano avere la legittimazione popolare, degli elettori. E penso che questa nuova fase debba iniziare da un’assemblea costituente, una sorta di Stati generali di Forza Italia in Sicilia, in cui si programmi l’azione dei prossimi tre anni di legislatura».

Dopo aver conquistato il seggio a Bruxelles ha lamentato a caldo gli aiuti esterni che Tamajo e altri candidati forzisti hanno avuto da partiti diversi. È un modo per dire di no anche all’allargamento di Forza Italia voluto da Schifani?
«No, ho soltanto voluto precisare che sulla mia candidatura non c’è stato il sostegno degli altri partiti che hanno concorso a formare la lista per le Europee. Non esprimo giudizi su ciò, è un fatto. Ho preso i voti dalla gente che ha riconosciuto la mia azione di governo e le battaglie politiche che ho condotto dal 2007, da quando cioè sono stato senza soluzioni di continuità prima nel Pdl e poi in Forza Italia. E ho sempre visto la mia presenza in Forza Italia non come il passaggio in un contenitore, ma come un valore».

Non ha risposto alla domanda. Cosa pensa dell’allargamento di Forza Italia?
«Per me è certamente una occasione, un orizzonte verso cui spingersi. L’ho ribadito anche al Congresso nazionale di febbraio, basta risentire il mio intervento. Io ho sempre immaginato un partito inclusivo e dinamico, come quello che abbiamo costruito a Catania. Ma accogliere altri non vuol dire far fuori i nostri. Questo non lo accetterei mai».

Ha avuto delle frizioni con il presidente Schifani in questi primi due anni di governo. Come sono adesso i vostri rapporti?
«Sono abbastanza buoni. In passato abbiamo avuto divergenze di vedute. Ma entrambi facciamo parte di Forza Italia, il partito che fa del confronto leale e aperto un valore».

Le faccio una domanda scontata. Opterà per il seggio da eurodeputato o per la poltrona da assessore all’Economia?
«L’ho ribadito spesso, mi sono candidato per andare a rappresentare le Isole d’Italia a Bruxelles, non per una esercitazione elettorale. La mia è stata una scelta meditata. Vado lì per andare a studiare e approfondire».

Qual è la sua eredità da assessore all’Economia?
«Lascio un bilancio in ordine. Oggi possiamo contare su un aumento del gettito fiscale che vale 500 milioni. Un tesoretto che servirà per la imminente manovra correttiva che darà aiuto a Comuni e imprese e a tante altre categorie in attesa. Tutto ciò è frutto della buona politica portata avanti dal centrodestra in Sicilia, prima dal governo Musumeci e poi da quello di Schifani (Falcone ha fatto parte di entrambi, ndr)».

Giacinto Pipitone